Zagrebelsky vs Renzi: un incontro di boxe con KO Tecnico

A giudicare dagli articoli di noti commentatori politici e giornalisti, l’incontro ha visto la vittoria di Renzi su di un esausto Zagrebelsky. Ancora una volta, dopo l’esperienza del commento al dibattito Trump-Clinton, possiamo trovare degli insegnamenti nella comunicazione dei due contendenti. Non entreremo negli aspetti di contenuto, ma in quelli della forma e del non verbale. Le modalità della discussione sono state diverse rispetto al confronto americano, potremmo dire più italiane: il dibattito gestito da Mentana si svolgeva da seduti e ha avuto una durata eccessiva (2 ore e 16 minuti senza le pause pubblicitarie), in genere si dice che il livello di attenzione anche nei casi di ascoltatori molto motivati cali dopo 90 minuti.

Negoziazione

Un aspetto che mi ha colpito in questo dibattito, che avrebbe avuto come scopo quello di chiarire i punti qualificanti delle scelte per il si e per il no del prossimo referendum istituzionale, è che in realtà sia stato uno scontro tra i due partecipanti con la volontà di convincere l’altro del fatto di avere ragione. Sotto questo punto di vista mi è sembrato quindi più un esercizio di negoziazione tra i due piuttosto che di convincimento del pubblico. Renzi era lì per questo, ma il professore, inconsapevolmente, è riuscito a trascinarlo in una discussione meno organizzata e lontana da un dialogo in cui i due partecipanti spiegano i propri punti di vista.

La prima considerazione da fare è che Gustavo Zagrebelsky non si era preparato all’incontro (cosa da non fare mai quando si negozia). È arrivato nello studio con la sua esperienza di costituzionalista, notevole, le sue nozioni teoriche, abbondanti, ma nessuna strategia di come condurre l’incontro.

Renzi al contrario era preparatissimo. Sapeva cosa dire a ogni passaggio, aveva predisposto i suoi messaggi rispetto ai diversi punti della riforma costituzionale. Si era documentato sulle dichiarazioni precedenti del professore (citandolo e creandogli qualche difficoltà), aveva le citazioni di altri costituzionalisti che gli sarebbero servite a giustificare le scelte. Preciso, documentato, cita con sicurezza numeri e statistiche, conosce l’argomento in modo approfondito e ha deciso una strategia.

Renzi alla prima domanda di Mentana sul perché della riforma risponde dichiarando i suoi tre messaggi (in negoziazione gli interessi) e passa a citare un articolo. In questa fase Renzi usa l’indice per segnalare quello che è importante per lui.

Zagrebelsky, invece di rispondere, inizia esprimendo il risentimento di non essere stato convocato dal ministro Boschi per parlare della sua proposta di modifica alla costituzione. Poi attacca personalmente Renzi, accusandolo di averlo definito un parruccone, di parlare di gufi e di essere un rottamatore. Mentana e Renzi sono sbalorditi e all’osservazione che questi temi nulla hanno a che fare con l’oggetto del dibattito, il professore afferma che “abbiamo tutto il tempo”.

Dopo 25 minuti e dopo aver toccato almeno quattro argomenti diversi e introdotto l’infelice esempio di Bokassa, dice candidamente “non mi sono preparato sulle sue contraddizioni”, subito attaccato da uno sgomento Renzi che rilancia “ma se ha fatto un libro sulle contraddizioni della riforma”. Inizia così una serie di attacchi e risposte.

Questa non preparazione da parte del professore conduce a un cambio di tattica di Renzi, e in negoziazione la capacità di gestire l’imprevisto e la flessibilità sono fondamentali.

Il body language e l’ascolto

 A questo punto la gestualità di Renzi diventa orizzontale (positiva), le mani si muovono a sottolineare, qualche volta a supplicare (con le mani giunte in preghiera) di entrare in argomento e a volte a chiedere di cosa si debba parlare, con le due mani in cui le estremità delle dita si riuniscono a formare un cono, tanto tipiche della gestualità italiana.

Zagrebelsky è sdraiato sulla sedia, spesso appoggiato allo schienale, lontano dal tavolo della discussione, fatica a trovare le parole, non segue un argomento scelto da lui per più di trenta secondi; ma soprattutto non ascolta il suo interlocutore. A volte si appoggia la mano al volto con un atteggiamento tipico di chi sta riflettendo, ma è evidente che riflette sulle sue idee e non su quanto viene detto dal presidente del Consiglio, al massimo è in posizione di attesa. Il disagio a un certo punto diventa visibile ed evidente, chiude gli occhi e si stringe la radice del naso con le dita, è stanco, la mente comincia a essere troppo stimolata da tutti gli argomenti. Infine le due mani si portano a coprire completamente il volto (come a dire: ma cosa ci faccio qui?). Unisce le mani con i polpastrelli davanti al mento con una posizione che mostra una certa tranquillità, una disponibilità a discutere, ma al tempo stesso la non accettazione di qualsiasi idea altrui. Dall’altro lato Renzi lo mette ancora più a disagio: ascolta, prende appunti e, a partire dai novanta minuti dall’inizio, non risponde a varie sollecitazioni, usando la tecnica del silenzioattivo, destabilizzando completamente il professore che perde ogni punto di riferimento. Dopo averlo ascoltato, Renzi riprende le parole usate da Zagrebelsky per attaccarlo. Ricapitola le cosFe dette e le sue argomentazioni.

Anche Mentana, l’arbitro di questo incontro, si rende conto che qualcosa non va, ma ci vorrebbe un coach all’angolo del costituzionalista, per gettare la spugna (come accade nella boxe quando un pugile non può continuare) e porre fine ad un incontro che a questo punto andrà in una sola direzione.

Renzi si avvicina al tavolo, si protende, si scalda, si appassiona, cambia ritmo, usa diversi toni di voce, Zagrebelsky parla troppo lentamente, è sempre mono-tono. Addirittura comincia a leggere, lui, una parte della Costituzione, dopo aver declinato l’offerta di Mentana di leggerla.

Le domande

Un aspetto importante nella forma di questo lungo dibattito sono state le domande.  Il professore ne ha posto molte, erano costruite come delle domande che richiedevano una risposta ma erano retoriche, e quando Renzi rispondeva, allora Zagrebelsky si lamentava che non voleva una risposta. C’è stato un passaggio in cui diceva la prima parola di una frase e aspettava che Renzi la completasse, come a volte si fa durante un’interrogazione con uno studente non preparato!

Dal canto suo Renzi ha reagito e cominciato a portare esempi, informazioni e dati, attaccando in modo evidente il suo contendente con tre domande dirette e chiuse (È vero o no?). Ormai Zagrebelsky è in crisi. Non ascolta minimamente quanto viene detto e reagisce solo con slogan.

In conclusione, un incontro che era sicuramente necessario ma che, per rimanere nella metafora pugilistica, è stato combattuto da pugili di categorie diverse: un costituzionalista specialista e un politico pragmatico. Finito con un KO Tecnico da parte di Renzi. Mi auguro che i prossimi incontri siano combattuti da persone appartenenti alla stessa categoria, per permettere agli ascoltatori di poter valutare i differenti punti di vista.

Doriano Marangon

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